Blog di natura archeologico-culturale. Per la divulgazione, la denuncia e la difesa del patrimonio archeologico Sardo.
sabato 19 settembre 2009
Sardegna Romana: una fotografia realistica dello stato delle cose.
Poco tempo fa mi è capitato di leggere in internet una "fotografia", giusta ed impietosa, dello stato attuale dei beni archeologici della civiltà Romana presenti in Sardegna.
Ho voluto pubblicare tale reportage sul blog perchè non può che renderci tutti più coscienti di come vengano visti i nostri beni archeo-turistici "da fuori", per noi che siamo così assuefatti ed abituati a vederli (ma sopratutto a veder gli scempi che si continuano a perpetrare a nostro danno).
Spero gradiate, e che magari lasciate un commento.
Di Caecilius Optatus: Nella costa meridionale della Sardegna sono visitabili siti archeologici (quasi tutti di originaria età punica), dei quali residuano però reperti quasi esclusivamente romani, se si escludono i resti dei tophet che, scoperti sul luogo, sono tati trasportati al Museo di Cagliari, o in parte riprodotti in piccoli musei locali.
E' il caso di Nora, su di un promontorio, di cui rimangono resti di mosaici, un teatro romano di età augustea/adrianea molto piccolo del quale è conservata la cavea, al momento non accessibile.
Le spoliazioni subite dall'abitato lo hanno reso scarno, per cui la gradevolezza del sito dipende soprattutto dall'essere collocato su di un promontorio dal quale si può agevolmente raggiungere lo splendido mare circostante.
A Pula da vedere il piccolo Museo Comunale.
Molto più suggestivo è il tempio di Antas, collocato nell'interno, 10 km sopra Iglesias, poco distante da Fluminimaggiore.
In una cornice naturale realmente splendida, ricca di verde, è collocato in imponente solitudine un tempio di età romana (augustea), restaurato da Caracalla (si conserva parte dell'iscrizione), dedicato a Sardus Pater Babai.
E' un luogo di culto frequentato sin dal IX sec. a. C, sul quale i punici eressero un tempio che poi i Romani modificarono; la divinità era appunto il Sardus Pater, in origine Babai, quindi aveva una funzione di aggregazione per l'isola.
Il luogo fu scoperto dagli archeologi a fine '800 e sottoposto a restauro che lo ha riportato in discrete condizioni.
Vale il viaggio; si possono anche visitare le cave di pietra adoperate dai Romani per tagliare i blocchi di pietra ed i resti di un villaggio di età nuragica, abitato fino al IV secolo d.C..
Cagliari, antica Karales/Karalis, conserva sparsi i resti dell'età imperiale, quando fu la residenza del governatore (proconsole o procuratore, a seconda del controllo senatorio o imperiale).
In città - anzi nel porto - era distaccata un'unità della Classis Praetoria Misenensis e sono emerse diverse iscrizioni funerarie di classiarii.
Merita una visita il centro storico (Castello), dove sono visibili torre difensive pisane del XIII secolo, ben conservate.
L'anfiteatro è stato oggetto di un restauro molto criticato ed è assai deludente, essendo tutto ricoperto da gradinate moderne, che hanno oscurato quelle originarie scavate nella roccia.
Merita una visita la splendida basilica di San Saturnino, del VI secolo, la più antica della Sardegna, situata in una zona di necropoli, scavata, e percorribile.
Peccato che sia visitabile solo il martedì e il venerdì, dalle 9 alle 13.00
Il Museo Archeologico è la croce e la delizia degli appassionati di archeologia, poichè raccoglie i pezzi più importanti ritrovati non solo in città, di età punica e romana.
La tragedia vera sono le condizioni in cui è gestito il complesso, che sembrano essere quelle degli anni '60.
A parte la gentilezza del personale, caratteristica veramente commovente riscontrabile in tutte le persone, sia in città sia nei luoghi di mare, le strutture - tutte rigorosamente con evidenziazioni stringatissime solo in italiano - necessitano di una ricollocazione che ne valorizzi l'importanza.
Per restare all'età romana, il Museo conserva tre diplomata di auxilia e di classiarii dell'età di Nerva e di Adriano, nascosti in teche di vetro assieme ad altri oggetti e per niente leggibili (le dimensioni sono di 12 x 10 circa cm.).
Manca un evidenziatore che riporti il testo, manca anche un'indicazione specifica dei diplomi, oggetto di studi da parte di Le Bohec, giusto per citarne uno.
Le più importanti iscrizioni rinvenute sono appoggiate tutte assieme, senza precisazioni circa l'età o il testo; alcune relative a militari, oggetto anch'esse di studi specifici, giacciono antistanti l'ingresso per terra, anche di lato, tanto che all'inizio pensavo fossero dei calchi messi apposta !
Si tratta di stele funerarie importanti per lo studio dell'esercito in Sardegna, poichè da esse si ricavano alcuni dei nomi dei reparti di auxilia operanti in loco tra il I e il III sec. d. C. : uno ad esempio consente di risalire ad una Cohors Aquitanorum mai altrove menzionata.
Di questo testo della fine del I sec. d. C. stupisce la semplicità del latino adoperato per ricordare Rufus Valentinus, Fabusi f(ilius), morto a 30 anni dopo 11 di stipendia, ricordato dal fratello Spedius (foto 3).
Un'altra iscrizione dedicatoria, mutila, ricorda un tale Caecilius Metellus, M(arci) f(ilius), proconsul, il quale aveva restaurato ambulationes (siamo in età tiberiana; il proconsole apparteneva ancora alla gloriosa famiglia dei Caecilii Metelli).
Tra gli altri reperti, oltre a tophet integri riportati alla luce e ricostruiti, spicca una bella statua loricata di grandezza poco più che naturale di Druso Minore, figlio di Tiberio, pressochè intatta, ritrovata nel foro di Sulcis, attuale S. Antioco, da cui provengono anche le teste di Tiberio e Claudio.
Il bookshop del museo è scadente, ma non si poteva sperare di meglio data la qualità della gestione.
Inutile dire che merita comunque una visita (se possibile non all'una del pomeriggio, sotto un caldo africano di 36°, poichè si trova sulla sommità di Castello, posizionato su di una collina).
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